venerdì 24 febbraio 2017

.




Per uno scopo minimo
ci alziamo ogni mattina
dimenticando il più

A un po’ banale fine
mangiamo tutti i giorni
scordando chi non ha

Senza opzione di mira
da sempre respiriamo
mai scoprendo perché

Nella brama dei sensi
celando gli insuccessi
scopiamo se si può

Privi spesso di meta
di continuo parliamo
obliando che anche no

Con un intento o meno
anche pensiamo o quasi
ma obnubilando che

D’esito inevitabile
è che moriamo sempre
ignorando cos’è

martedì 14 febbraio 2017

Non mi lasciare (Ne me quitte pas)

Ieri, durante l'incontro "Arte Condivisa" di ArteKreativa, ho recitato, non proprio benissimo!, una mia traduzione letterale della celebre "Ne me quitte pas" di Jacques Brel.
Poi, la sera, quei versi francesi mi frullavano ancora in testa e mi è venuto spontaneo buttarli giù in una nuova traduzione, stavolta meno letterale ma comunque sempre aderente all'originale, in endecasillabi.
Eccola qua.



Non mi lasciare, bisogna scordare,
tutto può essere scordato, chi già
se n’è fuggito via, scordare il tempo
dei malintesi e tutto il tempo perso
a sapere come dimenticare
le ore che a colpi di perché ammazzavano
il cuore della mia felicità
Non mi lasciare, no, non mi lasciare
Non mi lasciare, no, non mi lasciare
Io ti offrirò delle perle di pioggia
venute da Paesi dove non piove,
scaverò la terra fin dopo morto
per coprire il tuo corpo d’oro e luce,
fonderò un dominio dove l’amore
sarà re, dove l’amore sarà
legge, dove tu ne sarai regina
Non mi lasciare, no, non mi lasciare
Non mi lasciare, no, non mi lasciare

Non mi lasciare, inventerò per te
delle parole senza nessun senso
che tu comprenderai, ti parlerò
di quegli amanti là che per due volte
han visto i loro cuori riattizzarsi,
ti narrerò la storia di quel re
morto del non averti mai incontrata
Non mi lasciare, no, non mi lasciare
Non mi lasciare, no, non mi lasciare
Si è visto spesso ributtare fuoco
dal vulcano antico che era creduto
essere troppo vecchio, e, così sembra,
sono le terre bruciate che danno
più grano del miglior aprile e quando
viene sera perché il cielo fiammeggi
il rosso e il nero si sposano o no?
Non mi lasciare, no, non mi lasciare
Non mi lasciare, no, non mi lasciare

Non mi lasciare, non sto più per piangere,
non più a parlare, mi nasconderò
qui ad osservarti ballare e sorridere
e ad ascoltarti cantare e poi ridere
Fa’ che sia l’ombra dell’ombra tua, l’ombra
della tua mano, l‘ombra del cane tuo
Non mi lasciare, no, non mi lasciare
Non mi lasciare, no, non mi lasciare

Invettive




Maledetta sia Ikea
e il suo diffuso faggio
stravenduto e composito
rivisto in una fiction
che ricantava Napoli,
i suoi cassetti quadri
facili ad attivare
l’immedesimazione
e a ogni strazio del cuore
lesta e dolente sua
figlia, la sofferenza


Dannato sia Facebook
col suo proporre amici
facce inquietanti e odiose
rinvenienti da reti,
residue doti d’use
antiche tolleranze
che configgono chiodi
già ben insanguinati
nelle carni dubbiose
del prossimo orizzonte
nuovo, pari al passato


Abominato sia
McDonald’s dagli untuosi
tranelli e dipendenze,
spacciatore di infami
sorrisi mai leniti
dal ghiaccio nella Coke
eppure santo ipocrita
dell’hamburger a un euro
capace di estasiare
le recite di tenere
menti, le dure offendere


Esecrati i Pink Floyd
siano e il loro piacere
trasversalmente a tutti
e tutte anche talvolta,
quando prima il dolore
lo sostenemmo insieme
finché stereo non fece
riascoltare “Hey you”
con tanto freddo dentro
e la fantasia poi
cadde, divisi noi