Il tempo non sente il tempo che
passa;
e passa inesorabile per sempre:
lo sentisse, avrebbe pena di sé
Se fumammo oro
tra mura antiche
non fu per credere
alla vertigine
di pozzi vuoti
o mai di luna
riempiti a sera
bensì per dare
prezzo alla sfida
che d’immortale
mancò vestirci
Lo spazio è senza bisogno di spazio:
ne avesse, finirebbe per finire,
senza difenderne i bordi mai più
Più non plasmammo
aria translucida
di desideri
sempre affacciati
oltre il confine
della ragione
dimenticata
tra pieghe azzurre
quando il profumo
d’isole nuove
ci attese a riva
La velocità cieca non capisce
a che velocità uccide l’amore:
lo capisse, chiederebbe perché
Perché gustammo
flanella a cena
pur di scoprire
anche d’estate
migliori fughe
a ogni curvare
degli universi
precipitanti
verso la vita
solo a fatica
sapemmo dire
Ed andammo oltre il banale assoluto
Scorgemmo poi
non l’atea spina
spegnere il tribolo
E penetrammo il limite che ignoto
fa relativo l’assoluto all’uomo
in cerca inquieto
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