lunedì 9 maggio 2011

Wouter Weylandt

Lo hanno portato a Lavagna. Il posto più adatto a un cadavere nel Levante. È morto tra i monti lì dietro. Si è voltato, quando si è girato la discesa ha fermato la sua corsa.
Quando i familiari, i genitori, la moglie, verranno in Liguria in questo sole del maggio di Riviera i colori del mare e delle case e dei fiori li accompagneranno fino a poco prima dell’ospedale. Ne saranno minimamente consolati o “crepare di maggio” sarà anche per loro ancor più insostenibile? A questa gente di Gand sarà negata la gioia della luce del Mediterraneo.
“Eri unico”, hanno scritto sul suo sito, sopra una foto che lo ritrae con un sorriso seducente, ragazzone secco e lungo dalla faccia simpatica. La televisione lo ha mostrato un attimo, nell’ansia della cronaca, col volto tumefatto; poi la regia ha capito, non era una caduta qualsiasi, e ha staccato. Era lì, steso sull’asfalto, inanimato, gli tagliavano il sottogola del casco e la maglia. I tentativi di rianimazione non si sono visti. Tutti hanno sperato che ce la facesse, ciascuno ha intuito che la disperazione si era già impadronita della scena.
Dopo quaranta minuti di debole illusione, la resa. Era morto subito, per quel lunghissimo tempo hanno pompato artificialmente sangue nelle vene di un cadavere.
Suo figlio non lo conoscerà mai. La moglie, se ce la farà, lo farà nascere orfano.
Morire per uno sport bello, non estremo, praticato più o meno da tutti ai vari livelli, a ventisei anni. Fa male solo pensarlo. Molti hanno pianto per lui. Che il suo sorriso possa rallegrare il Paradiso.

http://www.wouterweylandt.be/

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