giovedì 31 marzo 2011

La prima volta che sentivi nel vento il sapore di primavera

La prima volta che sentivi nel vento il sapore di primavera,
l’aroma dolce in un’aria ancora fresca, ma già non aspra,
e c’era dentro il gusto del mare vicino per i cumuli che forse lo vedevano
eppure lontano nel quotidiano dell’inverno a ridotta luce artificiale
Eri distratto, distolto, non partecipe alla pulsazione della Terra
quando improvvisa una goccia di sentimento ti si insediava nel naso,
che si attirava ad ovest e ne respirava di buono l’umido alito,
e allora dicevi “Ecco il profumo della primavera” a nessuno se non a te
però di intima felicità ti colmavi come se l’anno ogni anno rinascesse
Erano quei giorni di febbraio dopo san Valentino ancora di gelo
e in genere portavano pioggia, feconda e non più dilavante,
un’acqua discontinua come una femmina giovane o ringiovanita
che si offriva al terreno risarcendolo di troppe violenze, troppi sprechi,
nutrimento che penetrava lieve e dava a inutile fanghiglia speranza
Facile che si verso sera, appena all’inizio dell’imbrunire riallungato,
la promessa di un nuovo giorno come di nuova stagione lì per formularsi
Non strana la percezione del risveglio prossima all’ora morfica
perché nella corsa ciclica è promessa di ritorno il declino del sole
E intanto diafani turbini di storni inseguivano una ragione
nell’incomprensibile, ammaliante acrobazia dei propri stormi
attesi da fronde sempreverdi mentre indugiavano nell’aria pulita

(continua)

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