venerdì 15 aprile 2011

Amicizia distante

Per un estate di vent’anni fa e più, ci si sente amici. Ci si è visti, dopo, quattro volte. Mica troppe. Eppure.
Mi chiamasse adesso, partirei; piombasse qui, stravolgerei le mie giornate. Sono certo di poter contare sulla reciprocità.
Cosa unisce due persone in tal modo? L’essersi conosciute da giovani, l’aver condiviso qualche risata e qualche scherzo; o il fatto di vivere lontani, di parlare lingue diverse, proprio il non frequentarsi se non epistolarmente? Già il dover usare una lingua comune non propria obbliga a maggiore sincerità. Il dominio delle perifrasi e delle sfumature semantiche permette ipocrisie a vari livelli, ma se devi costruire una frase soggetto - predicato verbale - complemento oggetto e scegliere i lemmi in un ventaglio di non troppe decine (com’era all’inizio), è il sentimento che s’impossessa della comunicazione. Che bello! Era il nostro parlare: sì, sì; no, no.
Forse, anzi è molto probabile, che se ci fossimo frequentati l’amicizia non avrebbe durato. Appaio cinico a pensare questo e contemporaneamente a coltivare ancora il legame, eppure credo sia la semplice e non scandalosa verità. Peraltro, le ipocrisie le detestiamo entrambi.
Abbiamo molte cose in comune. Ci uniscono. Tante altre ci dividerebbero. La lontananza permette di non frequentarle. Restiamo dunque nell’amicizia.
Dopo più di vent’anni. Senza vivere nel ricordo, ma ricordando con piacere.

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