mercoledì 13 aprile 2011

Moralista

In televisione c’era l’ennesima zuffa tra politicanti e lecchini di politicanti. A un certo punto, serve e servi del capo, per giustificarne l’andare a puttane, han preso ad urlare verso chi stigmatizzava tale abitudine: “Moralista! Moralista!! Moralista!!!”. Come se fosse un epiteto, in un ribaltamento delle cose.
Perché è ora di finirla con questa storia del moralista.
“Bè, ma questo è moralismo.”
“Intendiamoci, io non sono un moralista…”
“Basta con questi moralisti!”
Quante volte frasi simili hanno offeso il pensiero. Ho come percezione che questa guerra scaturisca da una sorta di pregiudizio anticristiano, cioè verso chi ha ricevuto insegnamento di non giudicare… Non ricordo, forse non so, cosa ne pensasse Croce, ma non possiamo non dirci moralisti. Sia come sia, è una posizione insostenibile. Girando per dizionari si trovano varie accezioni, in genere volgenti al negativo, successive all’originale, che dovrebbe orientarsi sulla definizione di persona che valuta la realtà in base a un proprio, acquisito sistema di valori morali.
E dopo millenni di civiltà, come si può non farlo?
Diviene allora una questione di percentuale: non si è moralisti nel giudicare conformemente al nostro essere umani sino a una certa quota, poi i comportamenti che da essa eccedono vanno invece esaminati con occhio scevro da riferimenti precostituiti. Bah!
Condannare l’omicidio cos’è, moralismo? Una schiavitù dettata dal pensiero cristiano? Il parto di menti deboli? Nessuno, neanche un omicida, pensa una cosa del genere.
A sentire tanti sgombri pensatori, scopare a destra e a manca senza sentimento non può essere oggetto di giudizio, però si vuol fare esistere una distanza anagrafica che indichi liceità di accoppiamento. Puoi fottere uomini e donne, amici e puttane, da vecchio con le ventenni, da matura con gli amici di tuo figlio e guai a condannare: però un ventenne che fa l’amore con una tredicenne rischia l’arresto e, soprattutto, l’etichetta di mostro. Questo, da parte di chi non è moralista.
Ma non è invece positivo guardare al mondo secondo i propri convincimenti morali? Stimare ciò che si ritiene bene e disprezzare quel che si reputa male? Esprimere con ogni atto e con ogni parola, e volendo con ogni dovuta omissione, il codice di comportamento che si possiede?
Domandare è forse moralismo; non rispondere è indegno.

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