lunedì 25 aprile 2011

LM

L’ho rincontrato in una sera di fine estate in una casa da cui si sentiva il rumore del mare. Gli odori di resina mescolati con quelli del braciere. Poi è stato partecipe dei silenzi tra pianti e risate.
E poi più pianti ci sono stati. Veri, trattenuti o nascosti. Nascosti a lui, soprattutto. Forse più per non addolorarne il cuore buono che per non fargli sapere. Forse ha finto di non sapere perché questo suo cuore buono non avrebbe retto le sue donne costrette a condividere il dolore. Forse ha preferito che esse si mascherassero di speranza finché è stato possibile.
Ed esse hanno scelto di vivere tutte le ore con lui. Sono lunghe e sono brevi, le ore. Non passano mai, quando aspetti un responso o devi riempirle di normalità costretta; e ti sfuggono via come risacca quando devi trovare una soluzione o pretendi di colmarle di tutto il tempo che avresti desiderato. E, maledette!, non si allargano a contenerne di più.
Così, poche sono state e meno sono sembrate le ore che lui e le sue donne hanno ancora trascorso insieme da quella sera di mare un po’ grosso. Un autunno inoppugnabile, definitivo, rapido. Poi, è stata di certo la sua bontà a riscaldare quei primi giorni d’inverno. Ha voluto che le chiome contrastanti delle sue figlie fossero libere di infilarsi in un vento non freddo per intonare un canto a due voci, il canto di una vita giusta. Un uomo giusto, nel senso del Vangelo. Forse ha potuto decidere questo congedo veloce invece di un lento, insostenibile, addio. Forse ha preferito così.
Non lo fa rimpiangere di meno. Anzi.

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