venerdì 29 aprile 2011

Ritto olivo

Fu nel dolore suo più estremo che imparai ad amarla di più.
Fragile, insicura maschera graziosa, quale tutti la vedevano, rivelò a me nella tragedia la sua bellezza profonda. Senza trucchi sociali.
Credo che la meritassi, tra i pochi ad averla intravista sapendo già precipitare dentro di lei.
Felicità e disperazione possono scorgersi nel cambiamento, nell’inversione dall’uno all’altro senso del procedere. Sperimentare due volte il girare del destino nel solo istante di un battito impazzito è crudeltà che rimescola la feccia del pozzo del pianto. Ottenebra lo sguardo, oscura la mente. Lei sempre apparsa in balia delle correnti, mentre le si stracciavano i legamenti del cuore e delle viscere, si fece timone. Mantenne salda la rotta tra le lacrime burrascose. Fu forte, non creduta casa sulla roccia.
Non so ancora se tanta qualità le fosse nota: probabilmente no. Neppure quanti l’abbiano capito so, né importa. Ancor meno riesco a comprendere se le piaccia tirarla fuori con continuità, la fermezza che tiene dentro, quasi che offrirsi fuscello lo ritenga difesa contro il mutato stato dell’essere, e voglia così invece rivivere il tempo dell’abbraccio costante: non accorgendosi che si obbliga a precipitare ogni volta.
O invece ne percepisce appieno il rischio giallo, ma lascia farlo nella donazione che ne è altro pilastro, per concedere nobile scopo all’esisterle accanto.
Ascoltarne i sogni ai primi rossi del giorno sperando che rivivere e risoffrire serva davvero a giungere al distacco; sentirne gli occhi piegarsi verso il basso ad ogni richiamo invidiato; toccare l’infreddarsi del respiro davanti a scene di film che riaccendono le stesse luci; augurarle un perenne fondale di petali di glicine e gelsomino profumati di dolcezza; è tutto ciò a togliere le macchie al cavaliere che intende sostenerle la vita.
E posso scagliarmi così contro qualsiasi avversario che, lui e non io, la scambi per una Dulcinea di avvenenza inventata, per difendere e godere, io e non altri, della bontà bella della mia Aldonza, fedele servitore del vero fascino.
In lei, in quegli occhi che seppero rinviare il fiume, in quella pelle che nessun dolore ha saputo arricciare, in quel cuore che ancora più convinto sa battere per gli altri, irresistibile.
Irresistibile fu svelare flesso giunco per ritto olivo, dura essenza di pace. E vederlo da vicino.

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