martedì 12 aprile 2011

E tutti parlano

E tutti parlano.
Non un battito di ascolto si interpone tra il clangore di parole inudite né la pena di pensieri sbiancati induce la pietà.
Parlano i vecchi, anche da soli, parlano i padri, soprattutto al vuoto, urlano le madri e strillano i figli; blaterano cognate e suoceri, zii e cugini. L'unica affermazione dell'esistere è l'effimero di aria mossa, cozzante con altra spinta dalle altre bocche.
Si parla di tutto e d'ogni cosa, si parla del proprio e dell'altrui, sempre, sempre, sempre. Mai si dice qualcosa.
È un affanno perenne, sgomenti del possibile silenzio, eventuale specchio di una pace che non si possiede e non si concede.
Necessità non serve per articolare suoni seriali, scarsi di ricchezza, ripetitivi. Un nulla non c'è che lasci a riflettere, sempre occorre riempire ogni spazio creato da messaggi esterni, in un vortice del niente che pervade le menti.
Prima di un difficile pensiero arriva la fonesi. È un primo istinto, uno slancio mortale che precipita chiunque nei peccati atei dell'esistenza inconsapevole.
Tacere è perdere; e un mondo di battuti non accetta sconfitte.
E tutti parliamo.

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